«Mi chiamo Vera Vigevani Jarach e ho due storie: io sono un'ebrea italiana e sono arrivata in Argentina nel 1939 per le leggi razziali; mio nonno è rimasto ed è finito deportato ad Auschwitz. Non c'è tomba. Dopo molti anni, altro luogo, in Argentina, altra storia: mia figlia diciottenne viene sequestrata, portata in un campo di concentramento e viene uccisa con i voli della morte. Non c'è tomba. Queste due storie indicano un destino comune e fanno di me una testimone e una militante della memoria»
Classe 1928, Vera Vigevani Jarach nasce a Milano da una famiglia ebrea benestante; la sua vita procede tranquilla fino al 1938, anno in cui Benito Mussolini varò le legge razziali in Italia come condizione di alleanza richiesta da Hitler. Subito dopo l’emanazione delle leggi, una maestra si presenta a casa Vigevani per avvertire la famiglia che la figlia non potrà più frequentare la scuola in quanto ebrea.
La pericolosità delle leggi è nota fin da subito alla famiglia, comprendendo la minaccia per la vita degli ebrei italiani; per questi motivi, la famiglia decide di abbandonare l’Italia e di trasferirsi, sotto consiglio di alcuni amici, a Buenos Aires, in Argentina. L’unico che rimase in Italia fu Ettore Felice Camerino, nonno materno di Vera, convinto che la situazione non fosse troppo pericolosa: purtroppo, sarà deportato e morirà successivamente nel campo di concentramento di Auschwitz.
Nel 1944, frequentando altri esuli ebrei, Vera conosce e si fidanza con Giorgio Jarach; cinque anni dopo i due giovani si sposano e nel 1957 nasce la figlia Franca, la quale, già da adolescente, partecipa ad attività politiche e sociali, maturando un senso di solidarietà umana e di repressione delle ingiustizie.
Nel marzo del 1976, un colpo di stato provoca la caduta del governo argentino, seguito dall’instaurazione di un regime dittatoriale guidato da Videla; il nuovo governo mira a reprimere ogni forma di opposizione politica e sociale, attraverso una repressione basata sulla violazione dei diritti umani e civili. Vittime di tale regime sono per lo più gli studenti, ritenuti pericolosi in quanto pensano, credono nella giustizia, nella solidarietà e nella libertà; gli insegnanti erano invece ritenuti colpevoli di fornire ai giovani un’istruzione ripudiata dalla dittatura. La censura della cultura porta alla persecuzione di artisti, intellettuali, giornalisti, scrittori, musicisti e cantanti, torturati, uccisi o costretti ad abbandonare il paese; la repressione non risparmia nessuno, neanche i neonati.
Franca, figlia di Vera, prende parte attivamente ai movimenti studenteschi, partecipando anche a iniziative volte a cambiare il sistema e combattendo per i suoi ideali. Nel 1976, la diciottenne viene catturata e condotta in un centro di detenzione e tortura dei ribelli; la detenzione di Franca dura qualche settimana e, a metà luglio Franca è una delle vittima dei cosiddetti "voli della morte", organizzati perché vi era un sovraffollamento delle celle del centro di detenzione e tortura.
A partire dalla scomparsa di Franca, Vera Vigevani e il marito hanno cercato in tutti i modi di avere sue notizie. Soltanto nel 2000, Vera scoprirà la verità sul destino tragico della figlia: un antropologo forense infatti mette in contatto la donna con Marta Alvarez, una superstite che venne catturata il giorno dopo l’arresto di Franca, che rivela a Vera la drammatica morte della figlia.
Le madri dei desaparecidos, espressione che si riferisce a tutte quelle persone, come Franca, arrestate e delle quali si persero le tracce, si recano frequentemente in in Plaza de Mayo, cercando notizie ufficiali riguardo ai figli. Il 30 aprile 1977 le madri di Plaza de Mayo - così prende nome il loro movimento - sfilano per la prima volta attorno ad una piccola piramide che orna la piazza, con l’obiettivo di ottenere informazioni sulla scomparsa dei loro figli. Grazie alla pressione delle Madri hanno preso avvio i processi per condannare i colpevoli, alcuni dei quali sono ancora in corso.
Dunque, dal 1986 Vera Vigevani fa parte del gruppo Madres de Plaza de Mayo - Línea Fundadora e si dedica al recupero della verità e al mantenimento di una memoria storica collettiva, attraverso incontri con studenti e iniziative culturali, diffondendo dunque la sua testimonianza nel mondo, soprattutto all’interno di scuole e università. Nelle giornate del 24 e del 25 gennaio sarà a Pisa; venerdì 24 gennaio, dalle ore 9.30, Vera Vigevani terrà un incontro presso l’Aula Magna nuova della Sapienza sul tema “Tante voci una storia: gli ebrei italiani in Argentina tra leggi razziali e dopoguerra”, mentre sabato 25 gennaio, sempre dalle 9.30, presenzierà presso la Camera del Lavoro di Pisa in viale Bonaini, sul tema “America Latina, oggi”.