Già dai tempi di “Atari”, società statunitense produttrice di videogiochi e di hardware per uso videoludico fondata nel 1972, si sono registrati casi di dipendenza da videogiochi.
La situazione però, da allora si è evoluta in senso negativo, a causa anche del rapido sviluppo tecnologico; questo ha fatto sì che, nel 2018, l’Organizzazione mondiale della sanità riconoscesse la dipendenza dai videogame come una malattia. Questa problematicità colpisce moltissime persone, soprattutto gli adolescenti maschi di età compresa tra i 12 e i 16 anni. A causa della rilevanza sociale di tale fenomeno, gli esperti sono stati costretti ad affrontare il problema della dipendenza da videogiochi; questa necessità nasce anche dalla forte dipendenza che sta creando il videogioco “Fortnite”, il quale registra circa 200 milioni di utenze.
“Fortnite” presenta due modalità diverse di gioco: salva il mondo e battaglia reale. La prima modalità è ambientata in una terra post-apocalittica e l’obiettivo è quello di ristabilire la normalità tramite la costruzione di fortificazioni o la protezione dei sopravvissuti, sconfiggendo le creature presenti; la seconda modalità invece è ambientata su un’isola deserta in cui 100 giocatori lottano per la sopravvivenza dove soltanto uno si salverà. I giocatori inoltre possono comunicare tra loro usando cuffie e microfono. Il videogioco è caratterizzato dalla violenza, dalla tattica e dal gioco di squadra, e il fine ultimo è quello di sconfiggere gli avversari. Inoltre, sembra che il fascino del videogioco derivi anche dal conoscere virtualmente altri giocatori, con i quali giocare, confrontarsi e scambiarsi consigli inerenti il gioco.
Il problema è che il videogioco riesce a creare dipendenza: i giocatori arrivano infatti a giocare anche durante la notte, rinunciando a soddisfare i loro bisogni primari, quali mangiare, bere e dormire. Inoltre, “Fortnite” rischia di scaturire reazioni violente nei giocatori: un esempio è il caso di un padre che, avvertito dagli insegnanti della scarsa attenzione e dello scarso rendimento della figlia, ha cercato di intervenire staccandole la connessione a Internet; la bambina ha reagito dandogli un pugno in faccia.
Tutti questi dati fanno preoccupare gli esperti, ma anche i genitori, i quali vedono i figli abbandonare la loro vita per dedicarsi totalmente al videogioco; sarebbe quindi opportuno, per esempio, fissare dei limiti orari di gioco e far svolgere ai figli attività in grado di sviluppare le loro capacità relazionali. Sarebbe inoltre utile svolgere attività di prevenzione e di sensibilizzazione all’interno delle scuole, al fine di formare e informare, sia gli insegnanti, sia gli studenti, sui possibili rischi che possono scaturire dall’utilizzo inappropriato di un videogioco.