Per molti ragazzi il cibo diventa quasi un nemico, qualcosa contro cui combattere con conseguenze devastanti.
Oggi come oggi i disturbi alimentari sono diffusi soprattutto tra gli adolescenti, in maniera dilagante.
Vorrei porre l’attenzione su uno di questi in particolare, l’anoressia. Un male che all’inizio risulta essere quasi invisibile, ma che si insinua piano piano e spesso senza consapevolezza: uno specchio che ci fa apparire sempre troppo grassi, anche quando ormai le nostre energie ci stanno abbandonando e i nostri organi stanno cedendo, come una spirale che risucchia tutto ciò che incontra nel suo cammino.
Si tratta di una forma di disagio molto grande, nata a volte dalla troppa importanza data al giudizio degli altri, quando un commento diventa come un tarlo nell’orecchio da cui diventa impossibile rifuggire, a niente spesso valgono le parole di conforto delle persone che ci sono vicine, perché vediamo solo un’immagine: quella di noi stessi che “non va bene” e che pensiamo debba cambiare a tutti i costi, anche rinunciando a tutto ciò che ci serve per vivere.
Le motivazioni che portano a comportamenti autolesivi sono anche molte altre: figli “modello” le cui aspettative della famiglia li portano a non riuscire a reggere il peso di apparire in un certo modo, o figli di “famiglie” socialmente disfunzionali che non prestano attenzione a quello che il ragazzo sta vivendo.
Capire cosa si cela dietro il problema vissuto dalla persona interessata è fondamentale perché lei intraprenda un percorso di cura, non solo farmacologico bensì anche psicologico, per lavorare sugli aspetti più fragili di sè e capire che con il giusto percorso di aiuto e con la consapevolezza, che spesso è proprio quello che manca, (riconoscere i sintomi è importante) la malattia si può vincere.
Spesso si tratta di problema che viene sottovalutato e non riconosciuto, l’anoressia è infatti classificata tra le malattie mentali e come tale è vittima di pregiudizi: fa paura combattere una guerra contro qualcosa che per molti è sconosciuto e che spesso richiede tempi molti lunghi per le terapie.
All’interno del contesto sociale si parla di “anoressici” spesso senza sapere di tutta la sofferenza esistente dietro questo disturbo. Per molti invece sarebbe un passo avanti parlare di chi ha questi problemi come di tanti esseri umani che stanno attraversando un momento di enorme fragilità.
Tutto questo viene affrontato in una società che richiede “sempre di più” per quanto riguarda le apparenze; un mondo con il quale tutti non riescono subito ad entrare in sintonia, pensando erroneamente di essere “sbagliati” e attribuendo una colpa a se stessi che in realtà è inesistente.
Il senso di smarrimento provato la malattia attraverso le cure può essere superato, cominciando un percorso per conoscere se stessi, la nostra identità e convincersi che per poter cambiare se qualcosa non ci piace non è necessario “farsi del male” bensì esistono modi diversi che ci permettono di vivere più serenamente.
Il percorso di cura serve per capire che non esiste un capro espiatorio a cui attribuire la causa di ciò che stiamo vivendo, ma esiste solo la possibilità di andare avanti ritrovando la via di uscita che in quel momento abbiamo perso, mettendoci in gioco e lottando.
L’importante è non tacere se a scuola vediamo un compagno o una compagna che non sta molto bene, ma cercare di aiutarlo o aiutarla prima di tutto rivolgendosi a un adulto che può fare da supporto.
«Mi piacerebbe essere trattata con delicatezza, ma è difficile che la gente lo percepisca, mi sono sempre sentita un po’ lontana e diversa. Forse sono troppo sensibile. Ma sto comunque lottando per guarire. Ce la sto mettendo tutta».
Da una testimonianza di una ragazza online