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Promuovere una didattica inclusiva: quando un bambino si sente escluso o diverso

Le difficoltà che gli alunni possono incontrare all’interno del loro percorso scolastico possono essere di natura diversa e mai riconducibili a una causa specifica: prima di tutto è necessaria un’analisi del contesto per capire come lo studente si orienta nell’ambiente in cui interagisce con gli altri e si muove tutti i giorni.

didattica inclusivaNella classi i bisogni degli alunni in difficoltà possono essere denominati attraverso classificazioni diverse: dislessia, discalculia, disturbi dell’attenzione o dell’apprendimento.

Tuttavia andando oltre ritroviamo problematiche anche riconducibili alla sfera relazionale: l’ambito psicoaffettivo è un elemento importante da tenere in considerazione in quanto spesso dietro la timidezza del bambino o del ragazzo o la sua aggressività sono stagnate questioni più complesse in cui il comportamento del soggetto è conseguenza di tutto ciò che lui stesso vive; episodi drammatici in ambito familiare ad esempio, che spesso accadono in maniera frequente.

Inoltre le difficoltà di chi proviene da una cultura diversa da quella in cui magari si è stabilizzato per motivi di lavoro dei genitori non sono da meno, adattarsi all’interno di una società completamente diversa da quella in cui siamo nati può essere estremamente difficile e può fare paura soprattutto quando non si conosce il linguaggio del paese di accoglienza.

Per comprendere queste realtà è utile una la formazione di insegnanti esperti in grado di capire e di sostenere tutti gli alunni nelle loro peculiarità, senza un’adeguata competenza si rischia di attribuire spiegazioni superficiali a questioni che invece meritano interventi più complessi. All’opposto invece un adulto attento può essere il tramite per l’attivazione di interventi finalizzati al sostegno di disturbi dell’alunno, ma anche all’attivazione della rete dei servizi sociali e della presa in carico laddove la genitorialità non funziona nel pieno delle sue capacità e non permette uno sviluppo adeguato anche fuori dall’ambiente domestico.

L’opinione sempre più diffusa è quella del fatto che non esistono bambini e ragazzi “troppo difficili”, ma sono persone uniche nelle loro particolarità che possono essere valorizzati: Don Lorenzo Milani aveva una sua considerazione della scuola: la riteneva come un ospedale che doveva curare i malati; in quest’ottica gli adulti non si possono tirare indietro in quanto non esistono situazioni dove non c’è niente da fare e si può sempre intervenire per apportare miglioramenti anche nei casi che ci sembrano più bui.

La decisione di occuparsi di alunni che presentano qualche tipo di difficoltà se viene presa in maniera tempestiva previene eventuali degenerazioni: quando si interviene quanto prima ci sono maggiori possibilità che dal problema non nascano traumi che il soggetto potrebbe portare con sé tutta la vita.

Il bisogno educativo per essere soddisfatto porterà l’alunno a essere valorizzato sia nella dimensione individuale sia in quella collettiva: quali obiettivi possiamo raggiungere quando a un alunno con disabilità viene fornito un sostegno lontano dai propri compagni e in un ambiente in cui viene separato dai suo coetanei? Lui stesso incontrerà così ulteriori ostacoli nella gestione delle relazioni e si sentirà escluso inevitabilmente.

In una continuità tra bisogni educativi speciali e normalità ogni soggetto può potenziare le proprie caratteristiche grazie ad insegnanti ed esperti interessati a fare dei “suoi problemi” dei punti di forza e non delle barriere insuperabili.

In una didattica inclusiva tutti gli alunni hanno degli obiettivi e niente può impedirne il raggiungimento.