I giovani oggi ricorrono spesso all’uso di sostanze (droga, alcol), ma anche all’utilizzo smodato e pervasivo di Internet, come mezzi per staccare dal mondo reale, al fine di non “sentire” più… non sentire cosa?
Il malessere, le emozioni negative che derivano dall’incontro con la sofferenza e dalle incertezze, ma soprattutto la rabbia irrisolta e la paura di dover affrontare situazioni troppo difficili.
E allora si sente il bisogno di spegnere tutto dentro attraverso strategie che ci permettano di allontanare i pensieri tormentosi e di focalizzare invece su sensazioni alienanti e anestetizzanti: la persona sperimenta e si accorge che quel gesto è funzionale nel placare le sue inquietudini; perciò si sente spinta a ripetere l’azione che, per quanto adattiva in un primo momento, con il tempo diventerà disfunzionale ed aggiungerà dolore.
Perché eludere momentaneamente il “sentire” non ci farà stare meglio. I momenti bui devono essere affrontati con coraggio ed integrità. Inoltre, è necessario accettare il fatto inevitabile che, ogni tanto, la sofferenza busserà alla nostra porta per metterci alla prova. Non è dunque il piacere alla base della ricerca da parte dei giovani nell’uso delle varie sostanze o di internet, ma è il desiderio di evitare il dolore, di non sentirlo più. Quando il “non sentire” diventa la normalità iniziano i veri guai. Per questo è importante tollerare le frustrazioni che sopraggiungono nel corso dell’esistenza, in particolar modo nel difficile e delicato periodo dell’adolescenza.
Il problema più grosso dei ragazzi è infatti proprio non riuscire a entrare il contatto con la parte più intima e profonda di sé stessi, essendo come anestetizzati: il che non solo non risolve i problemi, ma li amplifica, in quanto le emozioni irrisolte continuano comunque a lavorare dentro, attirando l’attenzione e l’energia delle persone come fossero calamite.
Si renderà necessario, prima o dopo, fare un percorso a ritroso proprio per recuperare quel “sentire” che volevamo eludere, al fine di trovare integrità. Questo sarà doloroso, difficile ed impegnativo: occorrerà saper chiedere aiuto, mettere a fuoco le nostre emozioni, entrarvi in contatto ed elaborarle.
Che cosa possiamo fare in una società che tende ad alienarsi? Sensibilizzare al problema le scuole e le famiglie, affinché si possa fare un lavoro di prevenzione. I genitori, in particolare, dovrebbero essere aiutati a comprendere che non possono proteggere sempre i loro figli dalle avversità, crescendoli come “ovattati” rispetto alle sofferenze, ma lasciare che ne facciano esperienza, perché l’unico modo per superare una sofferenza è attraversarla.
Educare attraverso l’esempio alla consapevolezza, anziché eluderla, in quanto la consapevolezza è ciò che ci permette di rimanere “connessi” non ad una rete virtuale ma con noi stessi e con la realtà, connessione necessaria per stare bene.