Primi giorni di settembre, Lugano, Svizzera, un deputato importante esprime al mondo intero la idea: è convinto che le donne debbano guadagnare meno perché hanno il diritto alla maternità.
Inutile dire che è stato subito classificato come maschilista. Molti si sono schierati contro di lui, ritenendo il suo intervento inopportuno.
La domanda che sorge spontanea è questa: è giusto che le donne debbano essere “penalizzate” nella loro carriera lavorativa per poter esercitare un loro diritto? Le pari opportunità sono ancora una strada molto lunga, ma nell’ottica di chi considera maschi e femmine uguali in ogni ambito sociale il fatto che uno dei due sessi debba subire un trattamento diverso è inconcepibile. A differenza di quanti invece considerano gli uomini portatori di più diritti delle donne.
Molte donne che lavorano decidono di non fare figli perché sanno che nel caso che questo succedesse dovrebbero rinunciare ad una parte della loro autonomia. Quanto può essere giusto che una donna non possa conciliare lavoro e famiglia senza dover per forza rinunciare a qualcosa? In Svizzera è sorta la questione, ma se pensiamo all’Italia immediatamente ci viene in mente un paese dove mancano le politiche di conciliazione e dove mandare un figlio all’asilo nido in molti casi ai genitori costa uno stipendio: è lì che intervengono i nonni quando ci sono. Tuttavia quando mancano le figure familiari per dare un aiuto dove serve nella maggior parte dei casi è la donna che rinuncia a realizzare se stessa, e poche sono le situazioni dove l’uomo lascia il lavoro per occuparsi dei figli.
L’Europa è ancora legata a quel modello di famiglia tradizionale che in parte stona con i cambiamenti sociali a cui siamo andati e stiamo andando incontro. Il solo modello di famiglia tradizionale non esiste più e donne e uomini sviluppano modi diversi di vivere il loro quotidiano uscendo dai canoni e dalle regole che imponevano loro di comportarsi in un determinato modo nella società a seconda del sesso di appartenenza.
Le pari opportunità dovrebbero permettere a tutti di compiere delle scelte, non si tratta di donne o di uomini, ma di esseri umani autonomi i cui comportamenti non hanno bisogno di diventare oggetto di discriminazione bensì di essere accettati.