Chiara Mancini contava con impazienza i minuti che la separavano dalle venti, ora fatidica del quotidiano accesso ad internet. Mezz’ora al giorno. Niente social network.
Giusto qualche ricerca utile per i compiti e i video su couture dei suoi cantanti preferiti. Queste le ferree regole che le aveva imposto la mamma; la signora Elisa da sempre convinta che l'eccessivo uso della tecnologia nuocesse gravemente all’ educazione della figlia.
La signora Elisa guardava con orrore a quella nuova generazione che preferiva rinchiudersi in casa davanti un pc invece che uscire all'aria aperta. Una generazione in cui le discussioni non avvenivano più faccia a faccia ma attraverso lo schermo di un computer. E poi i giornali erano pieni di casi di maniaci che si nascondevano in chat; di pericoli che si celavano dietro quell'enorme trappolone chiamato Internet”.
È cosi che comincia il libro “Bulli con un click”, che racconta il problema del cyberbullismo e parla di Chiara, una ragazza di tredici anni e una foto pubblicata a sua insaputa, è così che comincia un incubo.
Bambini, ragazzi giovani e meno giovani rischiano di subire ogni giorno tutte le declinazioni del cyberbullismo. Si tratte di vere e proprie aggressioni, che nascono spesso senza la consapevolezza da parte di chi le compie di cosa sta facendo e delle sue conseguenze nella vittima.
L’era di internet e dei telefonini, dei social network e dei forum digitali, ha dato ulteriori armi in mano ai bulli. Per gli adolescenti delle società tecnologicamente avanzate, internet rappresenta un contesto di esperienze e socializzazione irrinunciabile. Tuttavia le nuove tecnologie nascondono lati oscuri, come ad esempio l’uso distorto e improprio che ne viene fatto per colpire intenzionalmente persone indifese e arrecare danno alla loro reputazione, facilitato dall’anonimato. Il cyberbullismo infatti può essere praticato anche da persone che sui social network non hanno la loro vera identità, ma un account inventato, in questo modo possono sbizzarrirsi e senza far sapere chi si può aggredire psicologicamente una persona.
Nell’uso della tecnologia la prima cosa da tenere a mente è tenere alto il livello etico e lecito che si cela nel suo utilizzo, quando si va oltre questi aspetti si compie un atto di violenza che non va presa né con leggerezza, né come un atto passeggero da trattare con una cosa da niente: non tutte le vittime colpite riescono a sopportare la situazione, e l’intervento è necessario prima che sia troppo tardi.
Il responsabile spesso non è solo, agisce in branco per isolare la vittima e metterla in condizioni di emarginazione, fatta oggetto di violenza e di molestia, mettendo in rete spesso qualcosa estorto con l’inganno e creando spesso le scene per umiliare la persona e dare vita ad un ‘umiliazione virale. Quanto male può fare questo fenomeno? Ce lo dimostrano i tanti suicidi che sono aumentati negli ultimi anni.
La cultura derivante dalla formazione può portare a fare grossi passi avanti verso una strada di resilienza e coscienza critica.