Quello che mi ha colpito di questo tirocinio sono le storie e le sensazioni lasciate da esse. Nonostante il periodo storico in cui siamo stati catapultati, con il Progetto FairPlay abbiamo potuto continuare ad operare anche a distanza e per questo motivo un po’ mi è mancato quel contatto visivo che si instaura.
L’osservare i corpi che parlano e che ci comunicano qualcosa in silenzio o nel rumore delle mani che si intrecciano tra di loro in modo compulsivo. Mi sono mancate tante cose che però, in qualche modo, hanno saputo farmi apprezzare meglio il valore delle parole che arrivavano precise, dritte, senza distrazione alcuna. Non c’era nulla che mi potesse far distrarre. C’ero solo io con le mie cuffie che mi infondevano le storie di questi ragazzi che hanno deciso di raccontarsi a noi. I loro 14 anni sono stati anche i miei, eppure sembriamo aver vissuto anni totalmente diversi. Ci sono state tante parole che mi hanno colpito rispetto ai loro racconti, storie che in qualche modo lasciavano trapelare lo sconforto di chi, a quell’età, non dovrebbe lasciar spazio a questo tipo di frustrazioni o senso dell’abbandono anche da parte delle istituzioni, eppure sembrava ricorrente il tema dello scoraggiamento e della demoralizzazione. Ma come dargli torto? In questo mi sono sentita molto vicina a loro, proprio per questo motivo mi è piaciuto e ho apprezzato molto la possibilità di poterli ascoltare nelle loro riflessioni e nelle loro sensazioni. In molte occasioni hanno guidato il tempo dei nostri incontri con i loro desideri rispetto determinati argomenti e hanno saputo tirar fuori i loro caratteri e le loro emozioni. E’ bello sapere che qualcuno sente il bisogno di aprirsi, ed è appagante sapere di starli aiutando anche solo con l’arte dell’ascolto e della comprensione. C’è stata una ragazza durante un incontro che disse: “il dolore ti fa immaginare tante cose che poi non sono vere” e su questo abbiamo molto riflettuto. Il dolore è il risultato di una complessa interazione tra lo stimolo sensoriale e fattori legati alla persona che possono modificare in maniera importante quanto percepito appunto. Lei aveva vissuto in un determinato modo l’incontro con una persona sul web di cui si era fortemente fidata, ma a distanza di tempo si rese conto che in realtà quella persona non la conosceva affatto e che aveva secondi fini, questo perché il dolore l’aveva resa cieca e bisognosa di attenzioni da parte di qualcuno, anche di una persona “conosciuta” sul web. Cosa ci fa fare il dolore? Tante di cose, molte delle quali ci portano, in un secondo momento, a riflettere come la nostra stessa esistenza sia il frutto di scelte, di vicende, di dolore che ci plasmano e ci determinano. Questo tirocinio ha permesso che conoscessi tante storie e ha permesso che le facessi mie attraverso le reazioni che mi suscitavano... le emozioni che venivano fuori. E’ stato bello poter parlare a tutti questi ragazzi ed è stato utile mettere in pratica ciò che per anni ho studiato nei libri accademici. La pratica è sicuramente qualcosa che ti permette di metterti in gioco, testando quanto tu sia in grado di stare a determinate situazioni. Come nella situazione in cui, a cuore aperto, una ragazza ha parlato del rapporto con i suoi genitori. Un rapporto tortuoso, caratterizzato da una serie di tentativi non andati a buon fine. Mi ritrovo lì, con lei, con i suoi occhi pieni di lacrime, e automaticamente, nel turbinio di informazioni immagazzinate all’interno del mio cervello, inizio a parlare ma non sulla base dei principi e teorie studiate, rispondo come meglio ho potuto. Ho risposto con la sensibilità di cui, in quel momento, riconoscevo lei avesse bisogno. Lo scambio di sguardi mi è bastato a far capire come sia importante la comunicazione, come sia importante l’empatia nel lavoro che facciamo. Nutrirsi di tutte queste vicende mi ha riempito il cuore e mi ha permesso di avere più consapevolezza anche di me stessa. Per questo motivo FairPlay è stata una grande esperienza, non solo di tirocinio, ma anche e soprattutto di vita.