Sperimentando i nostri primi laboratori virtuali in questa “seconda ondata” (come viene chiamata) di pandemia. Alcune riflessioni.
Le sensazioni sono tante, accompagnate da una tensione verso qualcosa di cui non hai nessun controllo: uno schermo, una connessione, basta un click e tutto salta, improvvisamente l’immagine sullo schermo sparisce e così tutto s’interrompe bruscamente. E anche quando la connessione funziona non mancano di certo le criticità.
Questo mondo virtuale che pian piano sta sostituendo quello reale, porta con se la negazione dei corpi e la presenza dell’altro sfugge inesorabilmente. La presenza, anche quella silenziosa, vuol dire tante cose. Non è importante parlare, ma comunicare qualcosa di se attraverso lo sguardo, un ammiccamento, un sorriso, un movimento delle mani o dei piedi, gli occhi lucidi della commozione e il rossore della vergogna che dilaga sulle guance. Ecco, tutto questo per me vuol dire presenza. Le parole oggi sono tante, troppe, a volte sarebbe opportuno saper educare al silenzio pieno, silenzio vivo, quel silenzio che apre le porte all’infinita interiorità e non quello che fa innalzare i muri. In questo tempo, siamo tutti in preda alla parola che fa eco, che rompe gli equilibri, che urla all’ingiustizia e ci dimentichiamo di quella presenza che ha bisogno di silenzio per poter fiorire. Il mondo piatto che stiamo costruendo appiattisce ogni forma e colore i quali hanno bisogno di contrasto per essere visibili, il contrasto è fondamentale in quanto conferisce vitalità. E questo che stiamo vivendo è un momento di grande emergenza, ma non può essere un’altra modalità di vivere la realtà.
Dopo un’iniziale euforia per la chiusura degli istituti, accompagnata dalla gioia di stare più tempo in famiglia, i bambini hanno avvertito la mancanza della scuola. Questa non è solo compiti e lezioni, è socializzazione e inclusione. Siamo esseri sociali. È nell’interazione con i nostri simili che diamo forma ed esprimiamo la nostra personalità. L’incessabile processo che ci porta ad apprendere le norme, i ruoli e le istituzioni della società prende il nome di socializzazione, e la scuola, intesa come comunità, ha un ruolo essenziale in questo. A sentirne maggiormente la mancanza sono i più piccoli, che a scuola creano una prima rete di rapporti personali e il comando di molte loro azioni.
Sentiamo spesso ripetere: “mi manca la ricreazione”, “gli abbracci”, “la corsa verso il cortile”, “le partite a calcio”. L’intervallo, gli attimi di libertà e le occasioni di gioco sono tutti momenti di evidente socializzazione. È durante questi attimi di interazione, quando nascono intese e amicizie ma anche rivalità e litigi, che i bambini imparano a stare al mondo. La classe è la riproduzione in miniatura di ciò che accade fuori, nella società: competizioni, discordie, programmi, scadenze ma anche divertimento, interessi e conquiste.