Vi offriamo un piccolo estratto del libro “Bambini digitali: l’alterazione del pensiero creativo e il declino dell’empatia” di Mena Senatore.
“Secondo David Amodio della NY University e Chris Frith del University College London, uno dei sintomi dell’autismo è l’ipoattività della corteccia frontale e ciò si nota anche nei (video)giocatori abituali. In un esperimento di neuroimmagine si è chiesto a questi ultimi di giocare a uno sparatutto registrando sia le azioni sia le scansioni celebrali. Le aree del cervello collegate alle emozioni e all’empatia (corteccia cingolata e amigdala) erano meno attive durante il gioco violento.
L’uso/abuso dei videogiochi violenti, o ad alto contenuto di aggressività, desensibilizza e riduce fino ad azzerare le capacità empatiche poiché, come si è già visto, il dolore dell’altro, così come la morte dell’altro, sono situazioni che vengono tollerate e trasformate in gioco.
Il dolore non esiste. Nei giochi violenti, calci e pugni non provocano effetti, non veicolano sofferenza o drammaticità; c’è solo l’effetto realistico del sangue.
Il personaggio ferito che si rialza e ricomincia a combattere in modo spietato e con maggiore aggressività, rappresenta l’eroe coraggioso, invincibile. Il bambino piccolo ha difficoltà a distinguere un personaggio reale da uno fittizio e dunque, identificandosi con l’eroe, finisce per assumere i tratti comportamentali e metterli in atto nella vita reale”.